Blog

direzione commodities
Economia Globale, Eventi di Mercato, Indicatori, Petrolio

Check-up al mercato


Il Covid-19 è stato il pretesto per il mercato per abbassare le quotazioni alte.

Che succede adesso?

Nei mesi da poco trascorsi abbiamo assistito ad un parziale recupero dei listini. Alcuni settori hanno recuperato e talvolta superato le quotazioni pre covid, altri hanno lasciato per strada diversi miliardi.

Da aprile il recupero iniziato è stato caratterizzato dalle manovre congiunte di Banche centrali e Governi a sostegno dell’economia.

Tratto distintivo della ripresa è stata la ripresa dei prezzi delle commodity quali petrolio, rame, alluminio, nickel, di cui la Cina ne è tra i principali utilizzatori. Ma queste riprese non sono state travolgenti alla pari dei prezzi delle società legate alle tecnologie.

Sintomo che il mercato non è ancora in grado di riprendere la corsa interrotta.

Ma nonostante tutto un recupero importante c’è stato. Gli ultimissimi mesi, hanno visto lievi correzioni ed andamenti grossomodo laterali. Sintomi ancora che il mercato attende notizie.

Che notizie attende il mercato?

L’arrivo della stagione fredda porta inevitabilmente dietro influenze stagionali e possibili riprese dei contagi da Covid 19.

Ma le riprese dei contagi finchè controllabili non dovrebbero preoccupare. Quello che preoccupa è la crescita di morti. Ma lo scenario di marzo non dovrebbe verificarsi se ci sono le precauzioni ed una maggior conoscenza della malattia. La differenza è che a marzo era la fine dell’inverno, adesso siamo all’inizio. E questo per i mercati potrebbe rappresentare un problema solo se tutto questo si traducesse in lockdown.

I mercati come i politici non sanno che percorso imboccherà la curva pandemica, ecco perchè sono così volatili oscillando continuamente, in primis il petrolio, storico driver del mercato.

Si inseguiranno previsioni e ricerca di cause a possibili crash o riprese, molti tirano in ballo le presidenziali USA che storicamente hanno segnato poco o niente le sorti dei mercati, altri la Brexit, o altre fantasiose ricerche.

Al momento le probabilità credo siano perfettamente allineate, 50% che salga e 50% che scenda il mercato.

Da notare che ancora le altre materie prime come rame ed alluminio non hanno oscillato come il petrolio, sintomo che ancora ci sono elementi che lasciano spiragli al mantenimento delle produzioni ed al commercio sui mercati.

Anche l’obbligazionario non ha subito movimenti, in particolare, i Titoli di Stato sono rimasti grossomodo stabili, i titoli di debito corporate hanno subito lievissime flessioni, ma che rientrano nelle fisiologiche oscillazioni di mercato.

La coppia petrolio (ed in generale materie prime) e curva pandemica, con particolare riferimento alle terapie intensive e subintensive, dovrebbero essere le variabili che faranno muovere le curve degli indici azionari.

Altri link sull’articolo li trovi sul social network della finanza Gooruf e sul blog BuyMarketFinanza.

Per ulteriori dettagli contattaci cliccando qui.

Questo scritto è redatto a solo scopo informativo. Può essere modificato in qualsiasi momento. NON può essere considerato sollecitazione al pubblico risparmio. Il sito web non garantisce la correttezza e non si assume la responsabilità in merito all’uso delle informazioni ivi riportate.

Banche, Senza categoria

Carta di credito gratuita: esiste davvero?

Carta di credito gratuita: esiste davvero?

Nei giorni attuali uno strumento è diventato indispensabile per qualsiasi forma di acquisto: la carta di credito. Tutte le attività ormai si sono adattate a questo nuovo modo di fare shopping online.

Questo servizio è diventato ampiamente richiesto e viene, ormai, offerto da tutte le banche. Avere l’accesso a un credito mensile permette ai clienti di poter effettuare acquisti online, pagare bollette e prelevare dei contanti.

Questo mondo, purtroppo, è ancora ignoto dalla maggior parte delle persone. Non tutti sanno i parametri e costi di questo utilissimo strumento che è entrato a far parte delle nostre vite quotidiane.

Ci sono alcune differenze tra tutte le scelte che il mercato offre e in questo articolo cercheremo di far luce sui punti principali:

Carta di credito: come ottenerla?

Questo è il passaggio più semplice. Per richiederla basta rivolgersi ad una banca; ognuna avrà delle determinate caratteristiche che variano da caso a caso.

Per semplificare ancora di più le nostre vite, esistono banche totalmente online che offrono questo servizio a zero spese.

L’unica cosa che le accumuna è che tutte le carte di credito (tranne che le prepagate) sono collegate al conto corrente del cliente che la possiede.

Carta di credito gratuita: esiste davvero?

Si, ci sono molte banche (principalmente quelle online) che mettono a disposizione ai propri clienti carte di credito gratuite, ovvero, senza il canone annuale. Questo tipo di servizio viene offerto con un tetto massimo leggermente più basso a rispetto alle carte a pagamento però non mancano modi per poter richiedere l’estensione del credito.

Prendiamo per esempio la carta di credito Barclaycard Classica: è totalmente gratuita, non prevede costi di commissione sugli acquisti, stazioni di servizio e pedaggio.

Le carte di credito revolving

Esiste sul mercato un tipo speciale di carta detta Revolving. Essa implica un prestito da parte dell’istituto di credito al cliente, che userà i soldi ricevuti e che successivamente si impegnerà a restituire tramite rate nei mesi successivi. Ovviamente le rate saranno gravate da interessi passivi.

Un esempio è la carta di credito Revolut che lavora con 150 valute estere differenti e le commissioni sono applicate solo per importi superiori a 6 mila euro. La nota positiva è che non prevede il pagamento di nessun canone annuale.

Per sapere maggiori informazioni, sul sito di PrestitoQui c’è un articolo molto interessante che farà chiarezza su tutto il mondo delle carte di credito gratuite.

Ci sono costi aggiuntivi per la carta di credito?

Ci possono essere a seconda della banca e dal contratto firmato. Di solito i costi riguardano il prelievo in contanti agli ATM (ecco perché è preferibile usare il bancomat per queste operazioni, dato i costi più bassi).

Per alcune carte è previsto un tasso di interesse maggiore per i prelievi all’estero e anche delle commissioni per il tasso di cambio.

Si può avere una carta di credito gratuita senza conto corrente?

No. Ma una valida alternativa è la carta prepagata, che è fondamentalmente una ricaricabile elettronica.

Di solito sono gratuite e non vengono collegate a nessun conto. Il suo funzionamento è semplice: una volta richiesta e attivata basta versare la quantità di denaro voluta al suo interno e usarla nel tempo per vari pagamenti. Quando il credito finisce, può essere ricaricato.

Questa soluzione è ampiamente consigliata per gli acquisti all’estero e per i pagamenti sul web, in quanto fornisce un’ulteriore protezione; la quantità massima di frode potrà essere al massimo pari alla disponibilità giacente.

È sicuro usare la carta di credito online?

Anche se i vantaggi delle prepagate sono tanti, la carta di credito può assolvere ad ogni necessità relativa allo shopping online.

La sicurezza negli acquisti viene data da tre dati unici: data di scadenza, numero a 16 cifre stampato davanti e CVV (numero inciso sul retro). Questi tre fattori combinati assieme garantiscono un utilizzo sicuro della carta purché se inseriti in siti verificati.

Per di più, alcune carte hanno ulteriori metodi di protezione come, per esempio, l’aggiunta di un sistema addizionale di sicurezza. Di solito attivi per i circuiti MasterCard SecureCode o Verified by Visa, in questi casi oltre a digitare i tre elementi citati sopra all’user verrà richiesta l’aggiunta di una password temporanea a 8 cifre (detta OTP), generata casualmente dal sistema.

Alcune banche inoltre permettono di creare una password personalizzata che verrà richiesta ogni volta che un acquisto è effettuato, per confermare l’identità e garantire la sicurezza online dei possessori di carte di credito.

Articolo redatto da Barbara della società PrestitoQui.

Altri link sull’articolo li trovi sul social network della finanza Gooruf e sul blog BuyMarket.

Per ulteriori dettagli contattaci cliccando qui.

Questo scritto è redatto a solo scopo informativo. Può essere modificato in qualsiasi momento. NON può essere considerato sollecitazione al pubblico risparmio. Il sito web non garantisce la correttezza e non si assume la responsabilità in merito all’uso delle informazioni ivi riportate.

S&P
Economia Italiana, Rating, Senza categoria

S&P grazia l’Italia!

S&P grazia l’Italia!

Rating confermato a BBB due livelli sopra il livello spazzatura ed outlook negativo.

 

Le tensioni sui BTP pertanto dovrebbero momentaneamente essere fugate.

Rating.

Ma il giudizio è attendista. Infatti, il monito di S&P è quello di istradare il debito sulla via del ribasso entro i prossimi 3 anni. Il rimando è anche legato alle politiche dell’Eurozona.

“We could lower the ratings if government debt to GDP fails to shift onto a clearly discernible downward path over the next three years, or if there is a marked deterioration in borrowing conditions that jeopardizes the sovereign’s public finance sustainability, including for example due to insufficiently supportive policy measures at the eurozone level. At present, the ECB’s current financing backstop enables Italy to refinance its debt at real interest rates of around 0%.”

Outlook.

Quanto all’outlook, nel caso in cui ci fosse un mantenimento degli attuali livelli di NPL, potrebbe anche essere stabilizzato rispetto all’attuale orientamento negativo.

“We could revise the outlook to stable if we see Italy’s economy performing better than our current prognosis, leading to fiscal outcomes stronger than we are currently forecasting.

We could also revise the outlook to stable if Italy’s banking system weathers the shock to the real economy from COVID-19, without a material increase in nonperforming loans (NPLs) or a depletion of its capital base.”

View.

S&P è ottimista sul Pil italiano. Prevede una contrazione del 9,9% nel 2020, 6,4% nel 2021. Il Governo nel DEF è stato meno ottimista, vede ben oltre il 10%. Ma S&P sottolinea che le analisi sono basate su una durata del blocco di 8 settimane!

Il tasso di disoccupazione è visto in aumento all’11,2%. Il deficit italiano è visto in salita al 6,3% del Pil alla fine del 2020 con un debito intorno al 153%.

“These measures, in tandem with pre-existing automatic stabilizers, will push Italy’s general government deficit to an estimated 6.3% of GDP this year, and increase public debt to close to 153% of GDP by end-2020, according to our projections.”

S&P punta sulla BCE che con il programma di acquisto di titoli del debito pubblico, dovrebbe calmierare le emissioni di nuovo debito legate al Covid19.

“The ECB is backstopping this additional public borrowing under its pre-existing and newly launched asset purchase programs, together worth over 9% of eurozone GDP.”

S&P sottolinea la presenza di una bassa presenza di debito privato tra l’altro in diminuzione, in contrapposizione all’elevato livello di debito pubblico.

Anche su questo punto la critica alle politiche europee è evidenziata. Rispetto a Stati Uniti e Regno Unito la capacità di bilancio europea è incapace di reagire a shock come quello attuale. Indi, la necessità di debito comune europeo a sostegno dei Paesi in difficoltà.

“Though we believe even higher public debt levels may be sustainable in economies like Italy’s, where private debt continues to decline, the current policy settings within the euro area are not optimal. Specifically, the eurozone appears hampered, compared with the U.S. and U.K., by the lack of a central fiscal capacity capable of handling economic shocks, such as those following the pandemic. Indeed, the absence of private and public cross-border risk sharing–and the vigorous disagreements around mutualizing debt issuance–appears to place the eurozone and its individual economies at a disadvantage compared with older monetary areas such as the U.S. and the U.K., which issue common risk-free instruments.”

S&P nel razionale del giudizio cita anche il miglioramento dei dati sanitari.

L’analisi va oltre quella che è la situazione attuale ed evidenzia i problemi non ancora affrontati dal Governo per un’adeguato sostegno all’economia del Paese che aldilà della pandemia è ancora caratterizzato da una crescita debole.

Elementi di debolezza.

  1. Mercato del lavoro rigido, con salari fissati a livello nazionale anziché a livello aziendale; alto costo dei licenziamenti che tende a dissuadere i datori di lavoro dal fare assunzioni.
  2. Fisco eccessivo.
  3. Popolazione in fase di invecchiamento.
  4. Eccesso di NPL destinati a crescere a causa dei blocchi.

Possibili punti di forza.

  1. Aderenza e stabilità del bilancio.
  2. Bassi costi di finanziamento.
  3. Investimenti a costi ragionevoli.
  4. Riduzione del cuneo fiscale sul lavoro.

I prossimi appuntamenti con le agenzie di rating per l’Italia sono i seguenti:

  1.  8 maggioDbrs   (BBB outlook stabile).
  2.  8 maggioMoody’s  (Baa3 outlook stabile, livello più basso delle 4 agenzie), nella giornata di ieri ha dichiarato che è ottimista sullo stato dell’economia italiana in quanto i finanziamenti a basso costo dovrebbero consentire una sostenibilità dell’elevato debito.
  3. 10 luglioFitch (il 7 febbraio 2020 ha confermato rating BBB   con outlook negativo).
  4. 23 ottobre: S&P Global rating 
  5. 30 ottobreDbrs   
  6.  6 novembreMoody’s
  7.  4 dicembreFitch

Ulteriori approfondimenti dell’autore sul tema sono disponibili al seguente link cliccando qui e sul blog dell’autore.


Per ulteriori dettagli contattaci cliccando qui.

Questo scritto è redatto a solo scopo informativo. Può essere modificato in qualsiasi momento. NON può essere considerato sollecitazione al pubblico risparmio. Il sito web non garantisce la correttezza e non si assume la responsabilità in merito all’uso delle informazioni ivi riportate.

crisi
Economia Globale, Euro

Eurogruppo e significato della trattativa

L’Eurogruppo del 7 aprile ha visto uno stop all’Unione Europea.

Oggetto della trattativa i finanziamenti comunitari per rispondere alla crisi causata dal Covid19.

Ordine del giorno semplice:

  • SURE: piano di aiuti comunitari da 100 miliardi a supporto della disoccupazione negli Stati membri;
  • MES e BEI: prestiti comunitari agli Stati membri.

Nessun riferimento ad Eurobond o Coronabond che dir si voglia.

La differenza tra l’Unione Politica e l’Unione Monetaria in Europa, sta nell’aver strutturato un organizzazione sovranazionale dotata di sovranità, per decidere sulle materie di suo interesse.

Mentre l’Unione Monetaria attraverso la BCE, vede una vera unione a livello di gestione dell’operatività delle Banche Centrali secondo regole grossomodo uniche e centralizzate, l’Unione Politica non ricopre alcun ruolo sovrano rispetto ai singoli Stati, diventando di fatto inefficace.

L’Unione vera può nascere o per volontà o per necessità.

La volontà a livello politico in questi anni non c’è stata, si è trattato di creare un mercato unico, creando reciproche opportunità di business a favore del più forte.

Le iniziative possono avere origine da un ideale strutturato. Il fatto che la volontà non ha potuto lascia sospettare che l’ideale non sia ben strutturato o per lo meno non sia condiviso. La necessità (e.g. crisi in corso) potrebbe aiutare a superare l’ostacolo solo e soltanto se l’ideale è ben radicato nelle menti delle persone.

Il nulla di fatto delle ultime due settimane non lascia ben sperare.

Solo dopo aver definito le premesse, si può passare alla disamina dei possibili strumenti quali MES, BEI, EuroBond, CoronaBond o qualsiasi altro strumento si possa immaginare.

Gli strumenti.

Sono stati definiti all’inizio della creazione dell’Unione e raffinati con la crisi del 2011, in particolare il MES, non si ispira ad un vero ideale di condivisione. Si ispira maggiormente ad un ideale di aiuto temporaneo attraverso prestiti garantiti con cessione della sovranità. Una sorta di ricatto. L’esatto opposto dell’ideale di unione.

Di fatto si tratta di prestiti (quindi soldi da restituire a scadenza) garantiti dall’Unione Europea, ma tale garanzia ha un prezzo politico: vincoli, controlli e condizionamenti sui bilanci statali. Quindi nulla a che vedere con una condivisione.

Lo strumento spesso evocato anche in passato, ma che ha visto da sempre l’opposizione tedesca e dei Paesi nordici, è un bond europeo.

La crisi sanitaria, ha spinto a rievocare questi strumenti, limitatamente all’emergenza, pertanto senza andare a mutualizzare l’intero debito dei singoli Stati.

La situazione.

Infinite possono essere le implementazioni di questo strumento. La più intuitiva, è quella di condividere il debito pubblico degli Stati in unico grande strumento, portando alla creazione di un bilancio unico europeo. Questo implicherebbe che le tasse non si pagherebbero più solo allo Stato italiano, ma gran parte verrebbero dirottate all’Unione Europea. Ovviamente, essendoci un’enorme disparità tra i debiti di Stati virtuosi finanziariamente come la Germania e l’Olanda (un virtuosismo molto particolare, visto che si basa su una concorrenza sleale proprio all’Italia con tassazioni attrattive per le imprese e politiche nazionaliste) e di Stati non virtuosi finanziariamente come l’Italia, questo salto di qualità non c’è stato, visto che gli Stati europei non hanno accettato di accollarsi parte del debito italiano (come di altri Stati indebitati e.g. Grecia, Spagna, Portogallo, Francia etc…). Altro ostacolo sono le Costituzioni nazionali, e.g. quella Tedesca, che vieta questa cessione di sovranità.

Ma anche su questo non c’è stata nessuna vera apertura da parte degli Stati nordici. Indi, la domanda nasce spontanea: ma se nemmeno una crisi di questa portata spinge ad una rete di solidarietà europea, questa struttura europea, poggia su solide fondamenta?

I vari compromessi proposti puntano su versioni del MES senza vincoli oppure bond nazionali con garanzia europea con il vantaggio di avere un basso rating, quindi meno interessi da pagare. Ma parliamo sempre di debiti dei singoli Stati seppur a livello nazionale.

Certamente sarebbe un aiuto alle nazioni indebitate, ma molto flebile di fronte ad una crisi di tale entità. Stupisce che la Germania, sconfitta durante la Seconda Guerra Mondiale, ha ricevuto un azzeramento del debito ed ora sia tra le principali oppositrici a questi aiuti.

In queste condizioni, difficile immaginare un unione degli Stati come idealizzata dai padri fondatori.

La realtà.

Inutile girare intorno con le parole, l’Italia e gli altri Stati con debiti elevati, necessitano di incentivi a fondo perduto, altrimenti, come abbiamo visto in questi anni, l’epilogo è sempre quello di un trend del debito crescente, che cronicizza ad ogni crisi. Certo, non aiutano le posizioni del Governo, che puntualmente sfida l’Europa sui conti per finanziare spesa pubblica improduttiva come il Reddito di Cittadinanza e sprechi vari per mera campagna populista senza definire veri piani di sviluppo.

La corda tirata da entrambi i lati, prima o poi si spezza.

La lotta con la Francia è una mera illusione, la Francia non ha interesse a creare una vera unione, la Francia sta lottando semplicemente per avere nuovo debito senza vincoli.

Alternative?

L’uscita dall’Europa è una follia, il debito è alto, la moneta verrebbe svalutata.

L’Italia ha tra le più grandi riserve auree al mondo, nonché un patrimonio immobiliare pubblico ed inutilizzato inestimabile. Si potrebbero mettere sul mercato. Le privatizzazioni fatte bene, potrebbero essere un altra fonte di introiti per le disastrate case statali, è palese che il pubblico non porta i risultati sperati. In questo modo si riporterebbe il debito su livelli gestibili rispetto alla produzione. Non è necessario raggiungere il 60% del rapporto debito/PIL, auspicabile, ma oneroso, ma abbatterlo di diverse centinaia di miliardi sarebbe possibile. Affiancare questo piano con una spesa pubblica efficiente e produttiva, con un piano di investimenti basato su fondi europei (già stanziati). Certamente è un piano che richiede del tempo, quindi nell’immediato ottenere qualcosa dall’Europa anche in prestito sarebbe fondamentale.

Ulteriori approfondimenti dell’autore sul tema sono disponibili al seguente link cliccando qui e sul blog dell’autore.


Per ulteriori dettagli contattaci cliccando qui.

Questo scritto è redatto a solo scopo informativo. Può essere modificato in qualsiasi momento. NON può essere considerato sollecitazione al pubblico risparmio. Il sito web non garantisce la correttezza e non si assume la responsabilità in merito all’uso delle informazioni ivi riportate.

Economia Globale, Petrolio

Petrolio co-protagonista del Covid-19

Il petrolio negli ultimi decenni ha dominato la scena sui mercati.

Una stretta correlazione ha accompagnato il calo dei mercati azionari con il calo del prezzo del petrolio.

Il perchè è semplice ed è legato alla natura stessa del petrolio, ovvero l’utilizzo prettamente industriale che nei periodi di crisi viene meno causando un crollo del prezzo.

L’ultimo crollo significativo della commodity, risale all’inverno 2015-2016. Nel 2018 c’era stata una riduzione sensibile dei prezzi, ma non drammatica.

Petrolio 2020.

Nel 2020 il petrolio ha mostrato i primi scricchiolii in concomitanza con il manifestarsi della crisi sanitaria legata al Covid-19 in Cina. La crisi ha portato rapidamente ad un lockdown con conseguente fermo delle industrie cinesi, tra le principali clienti del petrolio al mondo. Il prezzo del WTI scende dai 70 dollari al barile ai 45 dollari nell’arco di un paio di mesi. Il propagarsi della crisi nel mondo ed il conseguente crollo delle richieste di petrolio anche fuori dai confini cinesi, vede un primo crollo sui 30 dollari al barile, seguito in meno di un mese da un crollo intorno ai 20 dollari. Il timido rimbalzo che lo ha riportato sui 30 dollari è ancora figlio della volatilità.

Le cause non sono state soltanto legate alla pandemia, ma anche ad una gestione politica litigiosa. Si sono sfidate Russia ed Arabia Saudita che non hanno raggiunto un compromesso per la riduzione della produzione, pertanto il mercato si è ritrovato inondato dal petrolio.

Ma qual è il vero obiettivo dell’opposizione principalmente russa ad una riduzione della produzione?

Come più volte visto, sembra che l’obiettivo vero siano i produttori americani dello shale oil. Il tallone d’Achille di questo tipo di petrolio è il maggior costo di produzione rispetto ai classici giacimenti.

Gli ultimi anni sono stati caratterizzati da una violenta crescita di queste aziende USA che hanno portato gli Stati Uniti ad essere tra i principali produttori di petrolio.

L’obiettivo della Russia quindi potrebbe essere quello di logorare la resistenza di queste aziende USA già fortemente indebitate, per uscire dal mercato. Una riduzione della produzione forzata, legata all’insostenibilità dell’investimento.

Il resto sono state banali scaramucce tra Russia ed membri dell’OPEC.

I mercati azionari hanno subito un crollo violentissimo, con alcuni settori crollati anche del 50%, sulla scia non solo del Covid-19, ma anche del petrolio. Ogni tentativo di accordo ha ridato fiato al mercato ed al petrolio. Occorrerà attendere non solo la bandiera bianca di Trump, ma anche l’effettiva chiusura dei giacimenti da parte di industrie USA per ridare linfa alle trattative che si ritroveranno a coincidere anche con la fine della crisi pandemica con conseguente ripresa dei corsi.

Ulteriori approfondimenti dell’autore sul tema sono disponibili al seguente link cliccando qui e sul blog dell’autore.


Per ulteriori dettagli contattaci cliccando qui.

Questo scritto è redatto a solo scopo informativo. Può essere modificato in qualsiasi momento. NON può essere considerato sollecitazione al pubblico risparmio. Il sito web non garantisce la correttezza e non si assume la responsabilità in merito all’uso delle informazioni ivi riportate.

Economia Globale, Economia Italiana, Euro, Eventi di Mercato, Senza categoria

MES Draghi ed intrecci politico economici

Il MES sostituisce il Fondo europeo di stabilità finanziaria (FESF) ed il Meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria (MESF).

La nascita è legata a momenti di crisi, per salvare dall’insolvenza Portogallo ed Irlanda.

Il MES è attivo dal luglio 2012 con una capacità di oltre 650 miliardi di euro.
L’accesso al MES è subordinato a specifiche condizioni. Generalmente è legato a provvedimenti legislativi restrittivi per l’economia guidati dal principio dell’austerity ed alla conseguente emissione di apposite garanzie a fronte del prestito erogato.

In occasione dell’emergenza sanitaria da Covid-19 la Commissione Europea ha dichiarato ufficialmente la volontà di mostrarsi unita ed intervenire.

Le modalità in prima istanza sono state quelle di consentire anche agli Stati indebitati come l’Italia di emettere nuovo debito, senza che questo debito venga considerato nel rapporto deficit/PIL per l’annualità corrente. In questo caso si parla sempre di debito del singolo Stato. 

Un secondo intervento europeo è stato quello della BCE, in prima battuta con il varo del programma di acquisto di titoli da 120 miliardi di euro al fine di calmierare l’esplosione dei rendimenti, un secondo con l’annuncio di alzare a 750 miliardi di euro l’entità degli acquisti (denominato PEPP).

Interventi importanti, ma non sufficienti di fronte alla minaccia comune e soprattutto alla necessità di forti investimenti per ripartire da molte settimane (forse mesi) di fermo. Al pari di una guerra!

Possibili mosse

Gli Stati Uniti sono stati decisi ed immediati nel reagire. Oltre agli acquisti di titoli da parte della FED, anche la politica ha immesso la cifra monstre di 2000 miliardi di dollari per l’economia.

L’Europa al momento è ferma agli interventi dei singoli Stati, questa è l’opportunità per far compiere all’Europa un salto di qualità, da mera aggregazione di Stati a vera Unione di Stati. Questo non vuol dire mutualizzare l’intero stock di debito di tutti gli Stati come spesso richiesto da talune formazioni politiche, molto prone a politiche populiste ed assistenzialiste, indi mal viste da Stati come la Germania che hanno basato la loro economia sull’industria, quindi sul lavoro. Tale strada sarebbe fallimentare ed irricevibile. Ma l’emissione di debito comunitario specifico per l’emergenza, potrebbe essere praticabile. Il vantaggio sarebbe anzitutto quello di avere la possibilità di avere tassi di interesse molto bassi, visto il rating basso di alcuni Stati come l’Italia. Inoltre, non ci sarebbe l’impatto sul sul debito del Paese. Lo strumento del MES pertanto non sarebbe auspicabile viste le restrizioni imposte. Un’eventuale emissione congiunta di debito richiederebbe tempo poiché necessiterebbe di una modifica al trattato europeo o un trattato ad hoc.

Una possibilità più realistica potrebbe essere l’utilizzo della BEI (Banca Europea per gli Investimenti). 

La contrarietà degli Stati nordici, è legata come sempre all’eccesso di libertà nella gestione delle finanze pubbliche da parte degli Stati meridionali. Provando ad immedesimarsi nei tedeschi, orientati al reddito derivante da lavoro, riesce difficile immaginare uno Stato che è orientato al reddito, ma derivante dalla sola cittadinanza, quindi una spesa pubblica improduttiva. Spesa pubblica finanziata peraltro in deficit, a svantaggio delle imprese, bisognose di liquidità. Indi, le giustificate perplessità di mettere in comune dei denari che potrebbero essere assorbiti per un fine non orientato agli investimenti ed al rilancio. 

La storia

Nel 1947 gli USA per aiutare il rilancio in Europa, lanciarono un piano di aiuti di 12 miliardi di dollari detto Piano Marshall. I contatti di Macron con gli USA di fronte ai Niet tedeschi hanno rievocato quella scena, ma i tempi sono diversi, i rapporti tra Stati altrettanto, l’Europa dovrebbe cogliere l’occasione che si pone per rafforzarsi. Un aiuto esterno implicherebbe sudditanza  (che sia USA con la Francia, Cina o Russia con l’Italia). 

Mario Draghi in un intervista al Financial Times ha esordito: 

“Non è sufficiente rinviare il pagamento delle tasse: bisogna immettere subito liquidità nel sistema,e le banche devono fare la loro parte, prestando denaro a costo zero alle imprese per aiutarle a salvare i posti di lavoro. I costi dell’esitazione sarebbero irreversibili”

Da un lato c’è un segnale per il Governo italiano a guardare avanti non solo ai blocchi, ma anche alla ripresa, subito colta tempestivamente da Matteo Renzi, dall’altro all’Europa, unica entità in grado di finanziare le banche con denaro a costo quasi nullo. Non aiutano gli annunci populisti da campagna elettorale da parte di ministri di Governo che annunciano estensione del Reddito di Cittadinanza e Reddito di Emergenza.

Bisogna dare liquidità all’economia, non incentivare le persone a stare a casa! E soprattutto mostrare segni di ripartenza!

Ulteriori approfondimenti dell’autore sul tema sono disponibili al seguente link cliccando qui e sul blog dell’autore.


Per ulteriori dettagli contattaci cliccando qui.

Questo scritto è redatto a solo scopo informativo. Può essere modificato in qualsiasi momento. NON può essere considerato sollecitazione al pubblico risparmio. Il sito web non garantisce la correttezza e non si assume la responsabilità in merito all’uso delle informazioni ivi riportate.

Cina, Economia Globale, Economia Italiana, Eventi di Mercato, Investimenti, Petrolio, Senza categoria

Covid-19 : un virus finanziario

Il 2020 è iniziato alla ricerca di una scintilla.

La scelta era abbastanza ampia, in testa gli attentati USA in Iran ed il virus proveniente da Wuhan. L’Italia sembrava stranamente essere non protagonista.

L’Italia aveva da poco fatto digerire all’UE una manovra piena di debiti.

In merito al Covid-19 meglio noto come coronavirus, si scontravano varie ipotesi. O che gli USA lo avessero inviato come cavallo di Troia per ammorbidire le trattative sui dazi, o che la Cina stessa se lo fosse autoinflitto per l’arrivo di dati poco confortanti sulla crescita dal PIL, indi la necessità di fornire nuovi stimoli all’economia. O ancora, la Russia per poter accrescere il suo ruolo sullo scacchiere internazionale.

La verità difficilmente la conosceremo.

Ma possiamo osservare gli effetti.

Il mondo occidentale, in particolare europeo, avvolto da una coltre di panico. Giustificato? Nessuno può saperlo, i pareri della scienza non sono unanimi.

L’effetto sulla popolazione è questo. Per la prima volta in Italia si sperimenta un modello lontano dalle democrazie occidentali che hanno fatto la storia. Il modello è molto più vicino al modello comunista…per l’appunto…cinese.

Come in tutte le guerre, la prima cartina al tornasole sono i mercati.

I blocchi in Cina causano uno stop alle richieste di petrolio, il mercato inondato di oro nero porta il prezzo verso il basso. Il tentativo di accordo tra Russia ed Arabia Saudita di ridurre la produzione fallisce. Tempesta perfetta: prezzo del petrolio intorno ai 30 dollari al barile (dimezzato), ulteriore stimolo al crollo dei mercati già in preda al panico.

I virus attaccano gli organismi dalla parte più debole, così il virus ha attaccato l’Europa attraverso la sua parte più debole: l’Italia. Il terreno preparato vedeva un Governo populista indeciso se stare con USA, Cina o Russia, con politici alle prime armi, poco esperti dei meccanismi della diplomazia internazionale, ma anche inesperti della gestione di un sistema più o meno complesso come quello sanitario.

Il virus si impossessa del fiore all’occhiello del sistema Italia, ovvero la Lombardia. Una bomba che presto aiutata dai media esplode. Prima ancora che il virus faccia le sue vittime, la borsa di Milano (-24% in una settimana, intorno al -30% su due settimane) inizia a vedere i primi crolli, a ruota lo spread (balzo di 100 punti a quota 240 rispetto al Bund tedesco) ed il rendimento dei titoli di Stato italiani si impennano in modalità simili a come avvenuto nel 2011, ma con ritmi molto più intensi. Quale occasione migliore per fare shopping di quei gioielli industriali che ancora sono rimasti nelle mani dell’Italia?

La risposta è la chiusura del sistema Italia. Il sogno della decrescita felice targata M5S sembrava sepolto, invece ritorna protagonista di colpo! Se alla notizia della diffusione del virus c’erano stati forti cali, alla notizia del blocco del Paese i cali si trasformano in crolli. Bisogna attendere il 13 marzo dopo una settimana che ha visto ben due sedute con lo sforamento della soglia del 10% (9 marzo -12% e 12 marzo -17%) per convincere i gestori della borsa a bloccare le vendite allo scoperto. Ma intanto il danno è fatto.

L’Europa? Concede flessibilità ovvero possibilità di fare debiti (ulteriori), ma al momento, a meno di una promessa generale (piano da 25 miliardi per tutti gli Stati membri con 7,5 svincolabili nel breve), non versa un euro a sostegno della causa. La neo-presidente BCE Lagarde affonda tutti, in particolare il FTSEMib (-17%), negando la possibilità di supporti per il contenimento dello spread, ma stanziando 120 miliardi di liquidità. Dal board BCE presto giungerà un chiarimento correttivo da parte del membro Lane (vicino a Draghi). I mercati rimbalzano seppur di poco. Altra musica negli USA che al crollo del 10% ha fatto seguito un rimbalzo del 10%, sintomo di un maggiore controllo della situazione. Li la FED è intervenuta con maggior decisione abbassando il costo del denaro di mezzo punto percentuale.

Un virus che si propaga ad un metro di distanza necessità della chiusura di un intero Paese o sono sufficienti una serie di precauzioni? A meno che quanto detto circa le modalità di diffusione del virus siano fasulle, la chiusura dovrebbe essere ingiustificata anche per l’art. 16 della Costituzione italiana?

L’economia è fatta di cicli, questa poteva essere l’occasione giusta per uno stop, il problema è che il sentiero imboccato, con il blocco totale, potrebbe rivelarsi dannoso a livello strutturale, pertanto comportare non una semplice correzione, ma una recessione simile al 2011. Gli indici di borsa, a meno di quello cinese, hanno ormai infranto la soglia critica del -20%, pertanto adesso tutto può succedere.

Le proiezioni sul PIL sono molto fumose, Mazziero Research vede un dato annuale intorno al -2,5% / -3%. Il Governo ha stanziato circa 20-25 miliardi per tentare di riportare vicino allo 0 questi dati. La Germania scalda i motori annunciando fino a 550 miliardi a sostegno di sanità ed imprese.

Che cosa ci aspetta?

L’emergenza dovrebbe toccare il picco in questi giorni, il blocco dovrebbe impedire ulteriori propagazioni, ma il prezzo pagato e da pagare è stato altissimo, paradossalmente, munendo tutti i cittadini di un kit di buonsenso, mascherine, guanti, vitamine e tampone, probabilmente i costi sarebbero stati inferiori ed i risultati migliori. USA e Gran Bretagna ancora non si fidano del modello cinese, la Corea del Sud che aveva un trend peggiore dell’Italia senza il blocco, ma con controlli a prova di privacy ha rallentato l’esplosione del virus. Nelle prossime settimane scopriremo se l’ascesa del virus in Europa comporterà un ulteriore crollo dei mercati, oppure sarà solo un brutto ricordo.

Intanto la Cina è ripartita e con essa i mercati che hanno quasi azzerato le perdite dall’inizio della crisi, seppur mostrando le ferite con proiezioni del PIL fortemente ridimensionate al di sotto del 6%.

Molti immaginano lo stesso pattern in Italia, dimenticando che le condizioni al contorno sono diverse, ovvero la crescita italiana è anemica ed il debito incombe come un macigno sulle spalle dei cittadini, occasione per una ristrutturazione in stile Argentina? Altra linfa al vecchio sogno M5S di uscire dall’Europa?

Ulteriori approfondimenti dell’autore sul tema sono disponibili al seguente link cliccando qui o sul blog dell’autore.


Per ulteriori dettagli contattaci cliccando qui.

Questo scritto è redatto a solo scopo informativo. Può essere modificato in qualsiasi momento. NON può essere considerato sollecitazione al pubblico risparmio. Il sito web non garantisce la correttezza e non si assume la responsabilità in merito all’uso delle informazioni ivi riportate.

Economia Italiana, Senza categoria

Manovra 2020 al via!

Manovra 2020 ai nastri di partenza.

La Legge di Bilancio 2020 è stata approvata.

La Manovra 2020 firmata dal ministro Gualtieri, rappresenta il provvedimento principe del Governo italiano giallo rosso, riflette un’impostazione molto di sinistra.

L’entità della manovra cuberà 32 miliardi di euro.

Vediamo in dettaglio come verranno finanziati questi 32 miliardi di spesa:

16 miliardi saranno finanziati in deficit, emettendo nuovi titoli di stato, andando quindi ad incrementare il debito pubblico italiano.

3 miliardi dovrebbero derivare dalla lotta all’evasione fiscale.

Un miliardo di prelievo fiscale.

I restanti 12 miliardi è rimandato al futuro… con l’introduzione di nuove tasse su prodotti di consumo (e.g. tassa sullo zucchero e sulla plastica), nonchè ulteriori accise sulla benzina (nel 2021, nel 2023 e nel 2025).

Queste nuove tasse della manovra 2020, a differenza del passato, si ripercuoteranno direttamente sul consumatore, incrementando l’inflazione.

Dall’altro lato le spese nella manovra 2020 serviranno per le seguenti iniziative:

  • sterilizzazione delle clausole di salvaguardia sull’Iva per il 2020;
  • incentivi per l’uso delle carte di credito;
  • riduzione del cuneo fiscale per i lavoratori;
  • eliminazione del superticket sanitario, in aggiunta al normale costo del ticket;
  • proroga di Reddito di Cittadinanza e di Quota 100;
  • fondi per la riduzione delle emissioni gas a effetto serra, la riqualificazione urbana e il miglioramento delle strutture pubbliche esistenti;
  • bonus e agevolazioni per ristrutturazioni edilizie, famiglie e disabili;
  • rilancio del Sud Italia.

Si evince che le iniziative per stimolare la crescita sono irrisorie e generiche, pertanto si configura come una manovra prevalentemente assistenziale.

Ulteriori approfondimenti dell’autore sul tema sono disponibili al seguente link cliccando qui.


Per ulteriori dettagli contattaci cliccando qui.

Questo scritto è redatto a solo scopo informativo. Può essere modificato in qualsiasi momento. NON può essere considerato sollecitazione al pubblico risparmio. Il sito web non garantisce la correttezza e non si assume la responsabilità in merito all’uso delle informazioni ivi riportate.

Economia Globale, Eventi di Mercato, Indicatori, Senza categoria

FED : ancora un ribasso…

FED : tanto tuonò che piovve…

La FED continua con il taglio dei tassi sui Fed Funds, portandoli all’1,50%-1,75% rispetto al precedente 1.75%-2%. 

La notizia in generale non è sconvolgente, quello che invece turba è la frequenza dopo la retromarcia innescata in estate dalla FED, constatando il rallentamento economico.

Oltre al taglio dei tassi, nei mesi scorsi, la FED ha varato iniziative di acquisto di titoli straordinarie.

La motivazione addotta da Powell è sempre il famoso livello di inflazione pari al 2% che si era allontanato.

Che cosa dicono gli altri dati? +1,9%, dopo il 2% del secondo trimestre e il 3,1% del primo trimestre. Tasso di disoccupazione sottocontrollo. Il neo spicca su un dato poco trattato, ovvero gli investimenti: -1,5%.

Stando a questi dati la riduzione dei tassi è ingiustificata. Il cambio euro dollaro vede un rafforzamento del dollaro dopo la notizia. Il cambio è sotto l’1,11 di oggi. L’effetto avrebbe dovuto essere opposto.

Le pressioni di Trump potrebbero aver influito?

Potrebbe essere una risposta al mega bazooka di Draghi?

Possibili entrambe.

In compenso, dalle parole utilizzate da Powell, sembra che a meno di imprevisti, questo ribasso dei tassi non dovrebbe avere alcun seguito.

C’è una relazione con il rialzo dei tassi interbancari di settembre? In questa occasione la FED, come nel 2008 ha effettuato interventi straordinari di immissione di liquidità per evitare costi del denaro eccessivi.

Ma a differenza del 2008, la motivazione dovrebbe essere legata semplicemente all’emissione di debito da parte di Trump, quindi le cause dovrebbero essere diverse dal 2008.

Ulteriori approfondimenti dell’autore sul tema sono disponibili al seguente link cliccando qui.


Per ulteriori dettagli contattaci cliccando qui.

Questo scritto è redatto a solo scopo informativo. Può essere modificato in qualsiasi momento. NON può essere considerato sollecitazione al pubblico risparmio. Il sito web non garantisce la correttezza e non si assume la responsabilità in merito all’uso delle informazioni ivi riportate.

Economia Italiana, Investimenti

Marchionne : FCA ed oltre un anno dopo

Marchionne : “Siate come i giardinieri, investite le vostre energie e i vostri talenti in modo tale che qualsiasi cosa fate duri una vita intera o perfino più a lungo“.

La citazione esprime la mentalità del manager italo-canadese che ha salvato Fiat dalla capitolazione. Ma come tutti i grandi, non è riuscito a salvare se stesso, limitatamente al solo aspetto materiale.

Contesto.

Una tale vision liberale, filosofia guida del sottoscritto, latita in Italia (nessun partito, a meno di singoli e.g. Carlo Calenda o associazioni e.g. Confindustria, incarnano realmente questi principi). Infatti, il nostro Paese è avvolto politicamente da spirito di assistenzialismo, buonismo e pseudocomunismo. Eventualmente restassero briciole si pensa all’industria, agli investimenti. L’ultima manovra di bilancio ne è stata la cartina al tornasole più eloquente, con i 2 miliardi di investimenti freezati nel caso i conti non avessero rispettato i parametri UE, scelta certificata nell’ultima missiva alla commissione europea.

Tornando a Marchionne ed FCA, ogni analisi deve partire da due elementi:

  • numeri
  • ideali (con annesse passioni, sentimenti e valori).
Numeri.

FCA nel 2004 era prossima al fallimento, quotazioni in borsa crollate da 7-8 euro di qualche anno prima a 1,5 euro del 2004, con perdite costanti e piazzali pieni di auto invendute. Dopo inizia la risalita. L’apice giunge nel maggio 2018, quando le quotazioni sfiorano i 20 euro.

Oggi siamo intorno ai 12 euro per azione, quasi il 40% in meno rispetto a poco più di un anno fa, con una capitalizzazione crollata da oltre 30 miliardi di euro a poco meno di 20 miliardi di euro.

Ideali.

Ogni numero è frutto di strategie, progetti, idee. Le idee di Marchionne sono state improntate alla qualità ed al mercato globale. Il salvataggio di Fiat è passato per una ristrutturazione che ha visto la creazione di un nuovo gruppo che ha raccolto marchi USA (Chrysler e sue controllate) e marchi italiani (Fiat, Alfa, Lancia etc…), con una vocazione più globale, sia a livello finanziario (con lo spostamento della sede legale), sia a livello di business. L’Italia non è più centrale. Potrebbe ridiventarlo se la politica ed il fisco si mostrassero più favorevole all’industria, come avviene a Londra o ad Amsterdam.

Il cambiamento è stato radicale quindi rivoluzionario, con linee di produzione riviste ed ammodernate, nuove politiche sul personale, soprattutto in Italia frenate da regole anti-industria e legate ad inefficienze di tutele sindacali.

Il futuro.

E’ fisiologico che dopo una grande rivoluzione ci sia un crollo, quello che occorre adesso è pensare nuovi ideali, quindi disegnare nuovi obiettivi.

Marchionne aveva iniziato già a pensare alle future alleanze, a scapito della cessione di alcuni rami come Magneti Marelli, ma il progetto non era stato completato. Infatti la tentata alleanza con Renault è miseramente fallita, complici anche l’assenza della politica in Italia e le storiche rivalità italo-francesi. Sarà stato un bene? Difficile dirlo.

Valutazioni.

La capitalizzazione dei competitor di FCA quali GM e VW è rispettivamente 45 e 50 miliardi di euro (nonostante il dieselgate), eppure guardano nuove alleanze (e.g. Ford per VW), per FCA la strada è obbligata, viste anche le lacune sull’elettrico, altrimenti il 2004 non sarà un ricordo così lontano.

Tesla.

Difficile capire il perchè nessuno pensi a Tesla in difficoltà. La società di Elon Musk ha subito un calo di 1,12 dollari per azione nel secondo trimestre, maggiore degli 0,31 dollari attesi dagli analisti.

Il secondo trimestre segna una perdita di 408 milioni di dollari, mentre i primi tre mesi segnavano un calo di 702 milioni.

Nota parzialmente positiva sul fronte dei ricavi, segnano una crescita del 47% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, raggiungendo i 5,2 miliardi.

Ha già avuto contatti con FCA per le “quote verdi”. Per FCA sarebbe una ghiotta opportunità. FCA con Marchionne aveva azzerato il debito, Tesla continua ad investire e sta incrementando il debito per garantirsi la liquidità necessaria. La capitalizzazione di Tesla è elevata, ma frutto di debiti e sopravvalutazioni legate alla “bolla” dell’elettrico. La storia insegna che società del genere possano dimezzare o raddoppiare la capitalizzazione in pochi mesi. Se le consegne di nuovi modelli dovessero continuare ad essere in ritardo, sarebbe difficile evitare il crollo (siamo passati da quasi 400 dollari ad azione nel 2017 a poco meno di 200 dollari a maggio). FCA è tornata a distribuire utili, Tesla non ha utili al momento, solo promesse (l’EPS di Tesla è negativo a differenza di FCA). Lo stesso dicasi per il cashflow. Anche sul fronte redditività e gestione, FCA presenta numeri tutti ampiamente positivi (ROE al 12%), Tesla invece vede tutto in rosso.

Ulteriori approfondimenti dell’autore sul tema sono disponibili sulla testata che segue al link: Wall Street Italia e sul profilo Gooruf.


Per ulteriori dettagli contattaci cliccando qui.

Questo scritto è redatto a solo scopo informativo. Può essere modificato in qualsiasi momento. NON può essere considerato sollecitazione al pubblico risparmio. Il sito web non garantisce la correttezza e non si assume la responsabilità in merito all’uso delle informazioni ivi riportate.