Brexit : a pochi mesi dall’implementazione, gli operatori si stanno preparando.
La Brexit, (uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea) sancita dal referendum del 23 Giugno 2016, si materializzerà il 29 marzo 2019 alle ore 23:00. Salvo imprevisti.
Al momento gli accordi necessari alla Brexit non ci sono. Si inseguono voci contrastanti, c’è persino chi invoca un secondo referendum.
I primi sintomi della possibile Brexit si sono avuti soprattutto a Londra, capitale della finanza europea.
Gli aspetti chiave svantaggiosi in cui si manifesta la Brexit sono:
- vendite: diventano esportazioni ed importazioni da/verso l’estero. Pertanto assoggettabili a procedure doganali ed eventuali dazi.
- imprese: chi ha delocalizzato diventa controllata estera. Quindi non più semplici società, ma società con una disciplina fiscale più complessa e costosa.
- le PMI perdono i vantaggi forniti dall’Unione Europea circa finanziamenti. Fiscalmente si ritroveranno a gestire i loro flussi finanziari e reddituali verso la UE come verso altri Stati Esteri con conseguenti costi.
- le PMI costituite in Gran Bretagna potevano contare su una base normativa costituita dal Trattato con l’Unione Europea, per svolgere liberamente la loro attività in territorio europeo. Se gli accordi non dovessero contemplarlo ci sarebbe meno convenienza ad avviare PMI in Inghilterra.
Indubbiamente in un mondo globale l’appartenenza ad uno Stato non dovrebbe costituire un vincolo. Pertanto, nel caso in cui gli accordi non dovessero essere eccessivamente restrittivi, diventerebbe vantaggioso aprire società in Inghilterra. Infatti, il Regno Unito e’ un’ottima base logistica per fare export ed internazionalizzazione, facendo a meno delle eccessive limitazioni derivanti dall’appartenenza alla UE. Ma i dazi ed i sovranismi non aiutano in questo senso.
Quindi dipenderà molto dagli accordi stipulati con la UE, dal tipo di business e dal mercato target delle singole imprese.
In questi due anni trascorsi, sulla base delle notizie circolate i principali indicatori economici dell’economia inglese non hanno mostrato particolare entusiasmo. Ma neppure particolare allarmismo. Quindi fino al 2019 non ci si aspettano sconvolgimenti.
Numeri.
Il FTSE 100 dal giorno del referendum ad oggi in sterline si è apprezzato di circa il 10%. C’è da dire che la sterlina si è indebolita verso l’euro (e l’indebolimento è iniziato già mesi prima) rendendo ancor meno conveniente l’investimento per gli europei. La debolezza della sterlina però ha portato ad un’accelerazione dell’inflazione e della disoccupazione. Questo ha aiutato la politica della BOE volta a perseguire la curva di Phillips. Obiettivo ad oggi centrato, tant’è che sono iniziate le prime mosse di rialzo dei tassi. A fare un confronto con gli altri indici internazionali negli USA lo S&P è salito di oltre il 30% (in dollari USA) nello stesso periodo di tempo.
Il FTSEMIB in euro è salito di oltre il 20%. Il DAX è salito quasi del 20%, l’EUROSTOXX è salito di oltre il 10%. Il confronto con gli altri indici risulta perdente.
Stando alle statistiche dell’ONS, osserviamo:
- il tasso di occupazione è pressocchè stabile da 50 anni. Quindi non c’è stato alcun boom del lavoro sebbene la disoccupazione sia calata (la disoccupazione può calare anche per l’emigrazione o per la non iscrizione alle liste del lavoro). Si veda il link che segue tratto dall’ONS: Dati Occupazionali Regno Unito.
- anche il PIL ha subito alti e bassi ma non ha registrato alcuna crescita significativa. Di seguito il link con i dati ufficiali: PIL Regno Unito.
- stesso discorso vale per la il dato sull’ Indice Produzione Regno Unito e per l’Indice dei Servizi Regno Unito.
Ulteriori approfondimenti dell’autore sul tema sono disponibili sulla testata che segue al link: Wall Street Italia.
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